Ha fatto giustamente notizia l'inchiesta dedicata da "la Repubblica" all'Italia dei laureati che non sanno scrivere, apparsa sull'inserto "R2" mercoledì scorso, 6 febbraio 2008 (pp. 33-34).
Chi passa la sua vita nelle aule scolastiche e universitarie sa bene che, anche in questo caso, la realtà supera spesso l'immaginazione. Gli esempi potrebbero essere davvero numerosi e presi, senza fatica, da molte fonti, giornali compresi. Per esempio, mi sono stupita (ma non scandalizzata) che, a proposito di "feti da rianimare", su uno dei più diffusi quotidiani italiani, per esempio, domenica 3 febbraio, si leggesse emorragia celebrale, ripetuto ben due volte in un articolo di una ottantina di righe. Follia dei correttori automatici dei word processor di Bill Gates? Non credo: semmai si tratterà di un piccolo episodio di "celebro reso", speriamo, momentaneamente !
Dicevo che l'inchiesta ha fatto notizia, provocando in alcune anime candide stupore o addirittura scandalo. Chi l'anima, invece, se la danna giorno dopo giorno, anno dopo anno, nelle scuole e nelle università, chiede da anni, anzi da decenni, alle diverse forze di governo che si sono succedute e si succedono, una maggiore e migliore attenzione ai temi dell'istruzione e della formazione in Italia. Se ci fosse davvero una siffatta attenzione non assisteremmo, ad ogni legge finanziaria, alla decurtazione degli investimenti, di per sé già troppo al di sotto della media europea, proprio in questi settori.
Personalmente sono grata ai giornalisti che hanno riportato i dati sull'analfabetismo italiano, sui laureati italiani che non leggono e sui motivi che i laureati non-lettori adducono per giustificare la loro scarsa propensione alla lettura. Non è così frequente che i giornali decidano di dedicare, di questi tempi, due intere pagine all'illetteratismo dei nostri laureati, potendole dedicare alle forme degli anelli e agli sms che Carla Bruni e Nicolas Sarkozy si sono scambiati prima, durante e dopo le loro nozze (ma alla fine si sono sposati davvero o no? Non mi sarò persa qualche puntata?).
Scherzi a parte, piacerebbe innanzitutto a noi che ci occupiamo di scrittura o, più generalmente, di competenza comunicativa nelle scuole e nelle università, sapere che lo stupore e lo scandalo (giustificati solo nei non-addetti ai lavori) siano riusciti a far scattare l'allarme rosso nelle stanze e nelle teste giuste perché le scuole e le università pubbliche abbiano le risorse (spazi, strumenti, personale) adeguate ai bisogni reali degli studenti e della loro formazione.
Nel 2000, nella mia Facoltà, per esempio, grazie a un piccolo apporto di denaro fresco, siamo risuciti a mettere in piedi 5 Laboratori di "scrittura controllata" per i neo-immatricolati. Abbiamo raggiunto così circa 150 studenti, su alcune migliaia di iscritti, più alcuni studenti stranieri, in Italia col progetto di scambio comunitario Erasmus. Oggi, nel 2008, anche le scuole e le università, per così dire, arrivano a stento alla loro "terza settimana": Infatti quest'anno abbiamo potuto attivare solo 2 Laboratori che raggiungeranno, tra primo e secondo semestre, al massimo una sessantina di studenti dell'intera Facoltà.
Forse bisognerebbe ritornare ancora sulla notizia riportata dal quotidiano e farsi (o fare) una serie di domande. Probabilmente due pagine intere di quotidiano non riuscirebbero a contenerle tutte. Tuttavia, per chi fosse interessato a capire il grumo di problemi che c'è dietro il fenomeno dell'analfabetismo e dell'illetteratismo italiano, vecchio e nuovo, alcune domande (e relative risposte) sono formulate nel volume a cura di Francesco Erbani, Tullio De Mauro. La cultura degli italiani, Editori Laterza, Roma-Bari, 2004. Sì, confermo: 2004!
Roma, 9 febbraio 2008
Emanuela Piemontese