20 gennaio, 2007

"La democrazia che non c'è" di Paul Ginsborg


Méga biblìon, mèga kakòn, "grosso libro, grosso danno" diceva Callimaco, poeta alessandrino, nato a Cirene intorno al 305 a.C. e morto ad Alessandria d'Egitto intorno al 240 a.C. Questo detto di Callimaco mi è tornato alla mente leggendo il volume di Paul Ginsborg La democrazia che non c'è (Einaudi, 2006).
Perché mai questa associazione di idee? Per l'estrema asciuttezza e brevità del volume di Paul Ginsborg. Due qualità, l'asciuttezza e la brevità, particolarmente apprezzate (e suggerite) da Callimaco in un'epoca che vedeva grandi trasformazioni all'interno della cultura greco-ellenistica, in un confronto difficile, ma inevitabile (e perciò dinamico) tra innovazione e tradizione.
Il tema affrontato -con tanta sobrietà di stile- da Paul Ginsborg è la democrazia, anzi come dice lui stesso nel Prologo "la natura e la potenzialità dell'odierna democrazia. (...) Questo saggio affronta alcune delle questioni più pressanti sorte nella storia della democrazia, rapportandole ai pericoli dei nostri giorni (...) La democrazia ha molti nemici in attesa tra le quinte, politici e movimenti per il momento costretti a giocare secondo le sue regole ma il cui intento reale è tutt'altro -populista, di manipolazione mediatica, intollerante e autoritario. Conquisteranno molto spazio, se non riformeremo rapidamente le nostre democrazie" (pagg. 16-17).
Mi hanno colpita, leggendo l'inizio della terza parte, due questioni.
La prima. Nel primo paragrafo dedicato alla "democrazia economica" c'è un richiamo alle direttive europee sul coinvolgimento dei alvoratori nelle imprese costituite in forma di Società europea e di Società cooperativa europea" direttiva che completano la regolametazione recente in materia" (pag. 113). Accanto al parere pessimista di un esperto sindacale che vede "la disciplina europea del coinvolgimento dei lavoratori 'pervasa da un'intima contraddizione'" e conclude che il clima in cui essa nasce oggi non vede più "la partecipazione tra le priorità", è citato anche il commento di un altro esperto sindacale. A parere di questo secondo esperto "una buona parte di questi anni è andata persa in interminabili controversie. (...) I testi ne hanno sofferto, diventando da un lato eccessivamente complessi, dall'altro mancano di trasparenza e leggibilità" (pag. 114).
La seconda. Nel secondo paragrafo, intitolato "Democrazie e genere" Paul Ginsborg affronta il tema delicato, quanto trascurato, del rapporto tra generi (maschile e femminile) e democrazia. Un tema che, come le ultime vicende elettorali (e la composizione delle candidature di tutti gli schieramenti politici, sia pure con qualche differenza, ma -diciamolo!- troppo lieve) dimostrano è tuttora temuto. E perciò mantenuto in secondo piano.
Eppure, dice Ginsborg, "avere chiaro in mente lo stato attuale dei rapporti di genere in seno alla democrazia, e capire in che modo possano e debbano essere variati, è importante quanto individuare nuove forme politiche che combinano la democrazia rappresentativa e partecipativa, o cercare di creare un sistema di democrazia economica. Ma troppo spesso tale problematica è relegata in un ghetto di studi femminili o trattata in maniera assai sommaria" (pag. 115).
Su quest'ultimo punto suggerirei a Ginsborg di usare, più opportunamente, il passato -per ora- prossimo ("tale problematica è stata relegata"). Sperando che il pessimismo degli esperti non si riveli, in futuro, tristemente fondato. Altrimenti sarà opportuno ripristinare il decadente passato remoto (fu relegata)! Magari con l'eplicitazione del "complemento d'agente". Ovvero del soggetto logico. O dei soggetti logici. Ma logico o logici solo "grammaticalmente". Ahinoi!
Emanuela Piemontese

2 Comments:

At 10:12 AM, Anonymous Anonimo said...

Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

 
At 6:37 AM, Anonymous Anonimo said...

Good words.

 

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